In questo fine settimana saranno proclamati Beati 7 Vescovi Greco-Cattolici Rumeni, uccisi dal regime comunista: si tratta dei servi di Dio Vasile Aftenie (1899-1950), vescovo titolare di Ulpiana e vescovo ausiliare dell’Arcieparchia di Alba Iulia e Făgăraș; Valeriu Traian Frenţiu (1875-1952), vescovo di Oradea; Ioan Suciu (1907-1953), amministratore apostolico dell’Arcieparchia di Alba Iulia e Făgăraș; Tit Liviu Chinezu (1904-1955) vescovo ausiliare dell’Arcieparchia di Alba Iulia e Făgăraș; Ioan Bălan (1880-1959), vescovo di Lugoj; Alexandru Rosu (1884-1963), vescovo di Maramureș; Iuliu Hossu (1885-1970), vescovo di Cluj Gherla.
Il regime comunista romeno annientò con il terrorismo le due anime del Cattolicesimo locale: quella latina e quella di rito orientale, greco-cattolica, che nel 1948 contava 6 diocesi e oltre un milione e mezzo di fedeli. La Chiesa romena, privata dei beni e delle chiese, analogamente a ciò che era accaduto in Ucraina: i vescovi, dapprima incarcerati, subirono il martirio a motivo della loro fedeltà alla Chiesa di Roma.
Nel 1948 la Chiesa greco-cattolica fu soppressa con un decreto legge. Furono i sette vescovi a non accettare di rompere con Roma e categoricamente rifiutarono l’abolizione del culto Cattolico in Romania. Tre di questi vescovi morirono in un lager e il più giovane, Ioan Suciu, aveva 46 anni. «La nostra fede è la nostra vita» era il loro motto: essi non hanno violato la Chiesa e non hanno violato la loro coscienza. Uno di loro, monsignor Iuliu Hossu, fu creato cardinale in pectore.