Ecco la lettera di Mario Palmaro pubblicata sulla Bussola Quotidiana di oggi:
Caro direttore,
ho letto il tuo editoriale del 3 gennaio – “Renzi, se questo è il nuovo che avanza” –
e non posso che condividere la tua analisi sulla figura del nuovo
segretario del Pd, sulla sua furbizia disinvolta, sul suo trasformismo,
sulle contraddizioni inevitabili tra il suo dirsi cattolico e il
promuovere cose che contrastano non solo con il catechismo ma con la
legge naturale. Aggiungo i miei complimenti per quello che fai da tempo
con la Bussola su questa frontiera dell’offensiva omosessualista e non
voglio rimproverarti nulla.
Però avverto la necessità di scrivere a te e ai lettori ciò che penso.
In tutta sincerità: ma il nostro problema è davvero Matteo Renzi? Cioè:
noi davvero potevamo aspettarci che uno diventa segretario del Partito
democratico, e poi si mette a difendere la famiglia naturale, la vita
nascente, a combattere la fecondazione artificiale e l’aborto, a
contrastare l’eutanasia? Ma, scusate lo avete presente l’elettorato del
Pd, cattolici da consiglio pastorale, suore e parroci compresi? Secondo
voi, quell’elettorato che cosa vuole da Renzi? Ma è ovvio: i matrimoni
gay e le adozioni lesbicamente democratiche. Ma, scusate, avete mai
ascoltato in pausa pranzo l’impiegato medio che vota a sinistra? Secondo
voi, vuole la difesa del matrimonio naturale o vuole le case popolari
per i nostri fratelli omosessuali, così orribilmente discriminati?
Smettiamola di credere che il problema siano Niki Vendola o i comunisti
estremisti brutti e cattivi, e che l’importante è essere moderati: qui i
punti di riferimento dell’uomo medio sono Fabio Fazio e Luciana
Littizzetto, le coop e Gino Strada, Enzo Bianchi ed Eugenio Scalfari.
Renzi mette dentro nel suo frullatore questi ingredienti essenziali del
suo elettorato, miscelandoli con dosi omeopatiche di don Ciotti e don
Gallo, e il risultato è il beverone perfetto che tiene insieme la
parrocchietta democratica e l’Arcigay. Aspettarsi qualche cosa di
diverso da lui sarebbe stupido.
Lo scandalo, scusate, è un altro. Di fronte a Renzi
che fa il Segretario del Pd e strizza l’occhio ai gay, lo scandalo è
ascoltare gli esponenti del Nuovo Centro Destra che dicono: “Le unioni
civili non sono delle priorità del governo”. Capite bene? Non è che
l’NCD salta come una molla e intima: noi queste unioni non le voteremo
mai. No: dice che non sono una priorità. Uno incontra Hitler che dice:
voglio costruire le camere a gas, e che cosa gli risponde: “Adolf, ma
questa non è una priorità”. Facciamole, facciamole pure, ma con calma.
Ho visto al Tg1 il cattolico ministro Lupi che spiegava la faccenda.
Volto imbarazzatissimo, l’occhio terrorizzato di uno che pensa (ma posso
sbagliarmi): mannaggia, mi tocca parlare di principi non negoziabili e
di gay, adesso mi faranno fare la stessa fine di Pietro Barilla, mi
toccherà lasciare il mio ministero così strategico e così importante,
con il quale posso fare tanto bene al mio Paese. E al mio movimento. Ed
eccolo rifugiarsi, Lupi come tutti gli altri cuor di leone del partito
di Angiolino e della Roccella, nella famosa faccenda delle priorità: no,
le unioni civili non sono una priorità. Palla in calcio d’angolo, poi
dopo vediamo. Ovviamente poi c’è il peggio: allo stesso Tg1 c’era Scelta
Civica che intimava: dobbiamo difendere i diritti delle persone
omosessuali. Scelta civica… credo si tratti di quello stesso partito che
fu costruito a furor di Todi 1 e Todi 2, e che i vescovi italiani
avevano eretto a nuovo baluardo dei valori non negoziabili dietro la
cattolicissima leadership di Mario Monti. Poi c’è il peggio del peggio, e
nello stesso Tg c’era una tizia di Forza Italia che trionfante
annunciava che loro avrebbero miscelarlo le loro proposte sui diritti
dei gay con quelle di Renzi. Ho udito qualche rudimentale rullo di
tamburo contro le unioni civili dalle parti della Lega di Salvini,
flebilmente da Fratelli d’Italia. Punto.
No, caro direttore, il mio problema non è Matteo Renzi. Il mio problema è la Chiesa cattolica.
Il problema è che in questa vicenda, in questo scatenamento planetario
della lobby gay, la Chiesa tace. Tace dal Papa fino all’ultimo
cappellano di periferia. E se parla, il giorno dopo Padre Lombardi deve
rettificare, precisare, chiarire, distinguere. Prego astenersi dal
rispolverare lettere e dichiarazioni fatte dal Cardinale Mario Jorge
Bergoglio dieci anni fa: se io oggi scopro mio figlio che si droga, cosa
gli dico: “vai a rileggerti la dichiarazione congiunta fatta da me e da
tua madre sei anni fa in cui ti dicevamo di non drogarti”? O lo prendo
di petto e cerco di scuoterlo, qui e ora, meglio che posso?
Caro direttore, in questa battaglia, dov’è la conferenza episcopale,
dove son i vescovi? Silenzio assordante. Anzi, no: monsignor Domenico
Mogavero - niente meno che canonista, vescovo di Mazara del Vallo ed ex
sottosegretario della Cei – ha parlato, eccome se ha parlato: “La legge
non può ignorare centinaia di migliaia di conviventi: senza creare
omologazioni tra coppie di fatto e famiglie, è giusto che anche in
Italia vengano riconosciute le unioni di fatto”. Per Mogavero, “lo Stato
può e deve tutelare il patto che due conviventi hanno stretto fra loro.
Contrasta con la misericordia cristiana e con i diritti universali –
osserva – il fatto che i conviventi per la legge non esistano. Oggi, se
uno dei due viene ricoverato in ospedale, all’altro viene negato persino
di prestare assistenza o di ricevere informazioni mediche, come se si
trattasse di una persona estranea”. Conclude il vescovo: “Mi pare
legittimo riconoscere diritti come la reversibilità della pensione o il
subentro nell’affitto, in virtù della centralità della persona. E’
insostenibile – sottolinea Mogavero – che per la legge il convivente sia
un signor Nessuno”. E per la Chiesa, sul cui tema è stata già invitata a
riflettere da papa Francesco, in vista del Sinodo straordinario sulla
famiglia, “senza equipararle alle coppie sposate, non ci sono ostacoli
alle unioni civili”. Amen.
Capisci, caro direttore? Fra poco prenderanno mio figlio di sette anni
e a scuola lo metteranno a giocare con i preservativi e i suoi
genitali, e la Chiesa di che cosa mi parla? Dei barconi che affondano a
Lampedusa, di Gesù che era un profugo, di un oscuro gesuita del ‘600
appena beatificato. No, il mio problema non è Matteo Renzi. Caro
direttore, dov’è in questa battaglia l’arcivescovo di Milano Angelo
Scola? Fra poco ci impediranno di dire e di scrivere che l’omosessualità
è contro natura, e Scola mi parla del meticciato e della necessità di
comprendere e valorizzare la cultura Rom. E’ sempre l’arcivescovo di
Milano che qualche settimana fa ha invitato nel nostro duomo
l’arcivescovo di Vienna Schoenborn: siccome in Austria la Chiesa sta
scomparendo, gli hanno chiesto di venire a spiegare ai preti della
nostra diocesi come si ottiene tale risultato, qual è il segreto. Del
tipo: questo allenatore ha portato la sua squadra alla retrocessione,
noi lo mettiamo in cattedra a Coverciano. E guarda la coincidenza, fra
le altre cose: Schoenborn – che veste il saio che fu di San Domenco e di
Tommaso d’Aquino - è venuto a spiegare ai preti ambrosiani che lui è
personalmente intervenuto per proteggere la nomina in un consiglio
parrocchiale di due conviventi omosessuali. Li ha incontrati e, dice
Shoenborn, “ho visto due giovani puri, anche se la loro convivenza non è
ciò che l’ordine della creazione ha previsto”. Ecco, caro direttore,
questa è la purezza secondo un principe della Chiesa all’alba del 2014. E
il mio problema dovrebbe essere Matteo Renzi e il Pd? Prenderanno mio
figlio di sette anni e gli faranno il lavaggio del cervello per fargli
intendere che l’omosessualità è normale, e intanto il mio arcivescovo
invita in duomo un vescovo che mi insegna che due gay conviventi sono
esempi di purezza?
E vado a finire. Matteo Renzi che promuove le unioni
civili è il prodotto fisiologico di un Papa che mentre viaggia in aereo
si fa intervistare dai giornalisti e dichiara: “Chi sono io per
giudicare” eccetera eccetera. Ovviamente, lo so anche io che non c’è
perfetta identità fra le due questioni, che il Papa é contrario a queste
cose e che certamente ne soffre, e che è animato da buone intenzioni.
Però i fatti sono fatti. A fronte di quella frasetta epocale in bocca a
un papa – “chi sono per giudicare” - ovviamente si possono scrivere
vagonate di articoli correttivi e riparatori, cosa che le truppe
infaticabili di normalisti hanno fatto e stanno facendo da mesi per
spiegare che va tutto ben madama la marchesa. Ma tu ed io sappiamo bene,
e lo sa chiunque conosca i meccanismi della comunicazione, che quel
“chi sono io per giudicare” è una pietra tombale su qualunque
combattimento politico e giuridico nel campo del riconoscimento dei
diritti degli omosessuali. Se fossimo nel rugby, ti direi che ha
guadagnato in pochi secondi più metri a favore della lobby gay quella
frasetta di Papa Francesco, che in decenni di lavoro tutto il movimento
omosessualista mondiale. Ti dico anche che vescovi come Mogavero,
all’ombra di quella frasetta sul “chi sono io per giudicare” possono
costruire impunemente castelli di dissoluzione, e a noi tocca solo
tacere.
Intendiamoci: sarebbe da stolti imputare al Papa o alla Chiesa
la colpa che gli stati di tutto il mondo stiano normalizzando
l’omosessualità: questa marea montante è inarrestabile, non si può
fermarla. La ragione è semplice: Londra e Parigi, New York e Roma,
Bruxelles e Berlino sono diventate una gigantesca Sodoma e Gomorra. Il
punto però è se questo noi lo vogliamo dire e lo vogliamo contrastare e
lo vogliamo denunciare, oppure se vogliamo fare i furbi e nasconderci
dietro il “chi sono io per giudicare”. Il punto è se anche Sodoma e
Gomorra planetari debbano essere trattati con il linguaggio della
misericordia e della comprensione. Ma allora, mi chiedo, perché non
riservare la stessa misericordia anche ai trafficanti di armi chimiche,
agli schiavisti, agli speculatori finanziari? Sono poveri peccatori
anche loro? O no? O devo chiedere a Schoenborn di incontrarli a pranzo e
di valutare la loro purezza? Caro direttore, la situazione ormai è
chiarissima: qualsiasi politico cattolico o intellettuale o giornalista
che anche volesse combattere sulla frontiera omosessualista, si troverà
infilzato nella schiena dalla mistica della misericordia e del perdono.
Siamo tutti totalmente delegittimati, e qualsiasi vescovo, prete,
teologo, direttore di settimanale diocesano, politico
cattolico-democratico può chiuderci la bocca con quel “chi sono io per
giudicare”. Verrebbe impallinato da un Mogavero qualsiasi come un
fagiano da allevamento in una battuta di caccia.
Caro direttore, il nostro problema non è Matteo Renzi.
Il nostro, il mio problema è che l’altro giorno il Santo Padre ha detto
che il Vangelo “non si annuncia a colpi di bastonate dottrinali, ma
con dolcezza.” Anche qui, prego astenersi normalisti e perditempo: lo so
anche io che effettivamente il Vangelo si annuncia così - a parte il
fatto che Giovanni il Battista aveva metodi suoi piuttosto bruschi, e
nostro Signore lo definisce “il più grande fra i nati di donna” – ma tu
sai benissimo che con quella frasetta siamo, tu ed io, tutti infilzati
come baccalà. Tu ed io che ci siamo battuti e ci battiamo contro
l’aborto legale, contro il divorzio, contro la fivet, contro
l’eutanasia, contro le unioni gay, e contro i politici furbi come Matteo
Renzi che quella roba la promuovono e la diffondono. Ecco, tu ed io
siamo, irrimediabilmente, dei randellatori di dottrina, della gente
senza carità, degli eticisti, degli “iteologi” dice qualche giornalista
di cielle. E fenomeni come La Bussola e come Il Timone
sono esemplari anacronistici di questa mancanza di carità, di questo
rigore morale impresentabile. E non basteranno gli sforzi quotidiani e
titanici dei normalisti per sottrarre queste testate alla
delegittimazione da parte del cattolicesimo ufficiale, perché tutti gli
esercizi di equilibrismo e di tenuta dei piedi in due staffe si
concludono sempre, prima o poi, con un tragico volo nel vuoto.
Penso anche che il problema – scusa il fatto personale - non siano Gnocchi e Palmaro, brutti sporchi e cattivi, che sul Foglio
hanno scritto quello che hanno scritto: io lo riscriverei una, dieci,
cento mille volte, perché purtroppo tutto si sta compiendo nel modo
peggiore, molto peggiore di quanto noi stessi potessimo prefigurare.
Ecco, caro direttore, perché il mio problema, e il problema tuo,
dei cattolici e della gente semplice, non è Matteo Renzi. Il problema è
nostra Madre la Chiesa, che ha deciso di mollarci nella giungla del
Vietnam: gli elicotteri sono ripartiti e noi siamo rimasti giù, a farci
infilzare uno dopo l’altro dai vietcong relativisti. Per me, non mi
lamento, per le ragioni che sai. E poi perché preferisco mille volte
essere rimasto qui, ad aspettare i vietcong, piuttosto che salire su
quegli elicotteri. Magari con la promessa in contropartita di uno
strapuntino in qualche consulta clericale tipo Scienza e Vita, o con
l’illusione di tessere la tela dentro nel palazzo del potere ufficiale
insieme a tutti gli altri movimenti ecclesiali. O con la pazza idea –
scritta nero su bianco - che, sì, Gnocchi e Palmaro magari c’hanno
ragione ma non dovevano dirlo, perché certe verità non vanno dette, anzi
vanno addirittura negate pubblicamente per confondere il nemico.
No, io non mi lamento per me. Mi rimane però il
problema di quel mio figlio di sette anni e di altri tre già più grandi,
ai quali io non voglio e non posso dare come risposta i barconi che
affondano a Lampedusa, i gay esempio di purezza del cardinale Shoenborn,
il meticciato e l’elogio della cultura rom del cardinale Scola, il
disprezzo per le randellate dottrinali secondo Papa Francesco, Mogavero
che fa l’elogio delle unioni civili. A questi figli non posso contare la
favola che il problema si chiama Matteo Renzi. Che per lui, fra
l’altro, bastano dieci minuti ben fatti di Crozza.
Caro direttore, caro Riccardo, perché mai ti scrivo tutte queste cose? Perché questa notte non ci ho dormito. E perché io voglio capire – e lo chiedo ai lettori della Bussola
- che cosa deve ancora accadere in questa Chiesa perché i cattolici si
alzino, una buona volta, in piedi. Si alzino in piedi e si mettano a
gridare dai tetti tutta la loro indignazione. Attenzione: io mi rivolgo
ai singoli cattolici. Non alle associazioni, alle conventicole, ai
movimenti, alle sette che da anni stanno cercando di amministrare conto
terzi i cervelli dei fedeli, dettando la linea agli adepti. Che mi
sembrano messi tutti sotto tutela come dei minus habens, eterodiretti da
figure più o meno carismatiche e più o meno affidabili. No, no: qui io
faccio appello alle coscienze dei singoli, al loro cuore, alla loro
fede, alla loro virilità. Prima che sia troppo tardi.
Questo ti dovevo, carissimo Riccardo. Questo dovevo a
tutti quelli che mi conoscono e hanno ancora un po’ di stima per me e
per quello che ho rappresentato, chiedendoti scusa per aver abusato
della pazienza tua e dei lettori.
Mario Palmaro
1 commento:
Eccezionale veramente.
Illuminante.
Reazionario
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