Venerdì ho scritto sul rinvio a giudizio di Stefio. Ci ritorno perchè mi è venuto in mente il caso del partigiano "Rumba", deceduto il 19 Settembre in un incidente stradale in provincia di Forlì.
Umberto Fusaroli Casadei, questo era il vero nome di "Rumba", 81enne tornato negli ultimi anni a far parlare di sè per alcune sue lettere od interviste su alcuni quotidiani, dalla Stampa al Giornale. Proprio l' articolo di Stefano Zurlo del Giornale del 2002 è illuminante. Nell' intervista il simpatico vecchietto ricorda alcuni episodi della sua guerra partigiana. Come quando uccise a sangue freddo un Ufficiale Tedesco arrivato a parlamentare con tanto di bandiera bianca. Pum, Pum, due colpi in testa, e via. Senza alcun rimorso, nè allora nè oggi. Centinaia le persone che ammazzò, "Nel periodo della guerra e anche dopo”. Alla domanda di Zurlo:"E lei non si commosse mai ? Mai un momento di esitazione ?", così rispose il bravo partigiano: “Mai. Nemmeno davanti alle donne”. Come per la Strage di Schio, dove a morire furono parecchie. In seguito, poi, davanti ad un Magistrato, Rumba negherà la partecipazione a quella pagina vergognosa della Storia Italiana:
"Lasciai il compagno Piastrina a custodia del camion, fuori mano, e raggiunsi il carcere. Portavo una giacca con i gradi da colonnello, prestatami dal comandante che era rimasto altrove, per precostituirsi un alibi. Per rendermi meno riconoscibile mi ero oscurato la faccia con una speciale tinta usata dagli inglesi nelle operazioni notturne. Indossavo inoltre un copricapo e un fazzoletto rosso al viso. Mi accorsi che gli altri erano già entrati, in anticipo sui tempi stabiliti. Così penetrai all'interno: c'era il caos. Partigiani che vagavano senza sapere bene cosa fare, i prigionieri radunati in uno stanzone. Occorreva accelerare i tempi, c'era il rischio che qualcuno desse l'allarme. Allora mi rivolsi a quelle persone ammassate: "C'è qualche prigioniero comune? Nessuno rispose. Diedi l'ordine di aprire il fuoco. Svuotai tre caricatori sparando con uno Sten in una babele di urla, strepiti, lacrime. I proiettili saettavano da tutte le parti, rimbalzavano sul pavimento, tornavano indietro. Fui colpito più volte di rimbalzo alle gambe, senza altro danno che leggere striature rossastre, larghe come una moneta d'argento del tempo. La permanenza si faceva troppo pericolosa e altri partigiani entravano sparando raffiche all'impazzata. Era saltata la luce, non si distinguevano nemmeno più le vittime da noi che le colpivamo. Uscii”.
Nonostante sia rientrato negli anni '90 in Italia, aderendo a Rifondazione Comunista per poi uscirne, Rumba non è mai stato indagato per l' Art. 288 CP.
Chissà perchè, pensando alla sua vita ed alle sue tante vittime, mi è tornata in mente questa vecchia ballata della Compagnia dell' Anello...
La canzone del lago
Questa è una storia che non frutta milioni, non faranno un bel film per Tv, ma farà sbadigliare di noia, i ragazzi alla Gucci e Cardin
Perché parla di un vecchio sereno, con gli occhi sempre fissi nel sole, con il viso coperto di luce, e il sorriso più dolce del mondo
Viveva un po' fuori città, sulle rive del lago di mezzo, parlava di giorno coi cigni, e di notte ripensava al passato a quando quel giorno in aprile, per avere creduto in un Uomo la donna gli avevano ucciso, contro un muro in Piazza del Duomo
Era stato Lupo, il gappista, con tre colpi nel mezzo del petto, si diceva che fosse un artista dell'agguato e del colpo alle spalle
Gliel'han detto che era il tramonto, anche il sole lo lasciava da solo ma voleva saldare quel conto, Lupo morto! Lo avrebbe giurato
Ma quel sole così eterno e lontano, solo un attimo si fermò all'orizzonte, per guardarlo in fondo negli occhi, illuminargli un momento la fronte
Ha lasciato cadere il fucile, per quel raggio di fuoco lontano
E sapeva che a colpire quel vile, non sarebbe mai stata la sua mano
Ed un giorno sulle rive del lago mentre stanco se ne stava un po' assorto, dopo un tonfo ed un gemito vago, la corrente gli portò lì un morto
Era il corpo di Lupo, il gappista, sì, l'artista di agguati e menzogne
Un raggio gli aveva abbagliato la vista, mentre in Jaguar passava quel ponte
L'ha guardato un secondo od un giorno, non saprebbe mai dirlo davvero, e poi fece verso i cigni ritorno, verso il sole li portò un veliero
Questa è una storia che il lago racconta, no, non c'è sui tuoi libri di scuola, non la sentirai narrar sulle piazze, perché solo sul lago ora vola.
Già: un RAGGIO DI SOLE...
1 commento:
Ecco i commenti:
#1 01 Ottobre 2007 - 16:10
Un altro dei tanti motivi per cui la credibilità della nostra giustizia è pari alal temperatura della superficie di Plutone ... :-D
Monsoreau
#2 02 Ottobre 2007 - 15:55
Ci vorranno almeno altri quarant'anni perchè si cominci a guardare la storia in modo obiettivo... o forse anche più... forse nemmeno io vedrò il giorno in cui si ricomincerà a ragionare...
Nel frattempo ti lascio il link di una poesia scritta da una mia ava... spero ti piaccia :)
eleida
#3 03 Ottobre 2007 - 15:38
Eleida.
Io spero che almeno i Figli di Mia Figlia possano assaporare la verità.Nel frattempo, bisogna lavorare e lavorare.
Quanto alla Tua Ava, oltre ad averne apprezzato la Poesia, mi riprometto di leggerne appieno il sito. Abruzzese, forte e gentile, come d'Annunzio...
Vandeaitaliana
Posta un commento