Confesso che in questi giorni mi erano sfuggite le dichiarazioni di Monsignor Gianfranco Bottoni, responsabile per la Mia Curia delle relazioni ecumeniche ed interreligiose. Il quale, commentando l' intenzione da parte del Comune di Milano di spostare, e non chiudere - FINALMENTE ! - la moschea di Viale Jenner, soprattutto per l' intralcio al traffico di ogni venerdì da parte di coloro che, non trovando posto all' interno dell' edificio, si chinano in strada e sul marciapiede, ha detto: "Solo un regime Fascista o populista arriverebbe a tali metodi dittatoriali. Oso sperare che non siamo caduti così in basso.". Dichiarazioni che, come leggo oggi sul Giornale a firma Andrea Tornielli, hanno provocato imbarazzo e contrarietà in Vaticano, acuendo sempre di più il divario con la Diocesi Meneghina e Progressista che nel Cardinal Tettamanzi ha trovato un degno continuatore dell' opera di Martini. Ora io non vorrei ricordare i tanti Religiosi ammazzati per l' accusa di Fascismo dai partigiani, oppure di altri ferventi Cattolici Fascisti, primo tra tutti Carlo Borsani, dato che ho l'altro Mio Blog, "Morti Dimenticati " creato per l' occasione. Vorrei solo pubblicare il bel discorso, profondamente cristiano, rilasciato per il Giorno dei Santi il 1 Novembre dello scorso anno dal Monsignor Partigiano :
""La tradizione cristiana celebra oggi, primo di novembre, la festa di tutti i santi e domani fa commemorazione di tutti i defunti. Due celebrazioni tra loro legate e quasi sovrapposte.Nella denominazione di entrambe compare una prospettiva universale: “tutti” i santi e “tutti” i defunti.
La festa odierna esprime infatti la convinzione che moltissimi sono i santi ignorati in terra, ma riconosciuti in cielo. Questi sono infinitamente di più di quelli canonizzati dalle istituzioni ecclesiastiche. È dunque particolarmente significativo in questa festa ricordare, anche in questo luogo, la molteplicità di santi nascosti, testimoni di una santità popolare, laica e anonima. Anche il 2 novembre, commemorazione cristiana dei morti, riguarda tutti i fedeli defunti, senza precisarne i confini. Infatti - come amava ripetere il Card. Martini - non ci sono credenti da una parte e non credenti dall’altra. Il confine tra credere e non credere attraversa invece il cuore di ciascuno di noi. Tutti siamo credenti e non credenti e nessuno di noi può giudicare della fede né dei vivi né dei morti. Il cristiano dovrebbe solo essere testimone di una speranza universale, ovvero è chiamato a sperare per tutti. Nel contesto di queste due date significative della tradizione cristiana, a convocarci qui oggi non è però un motivo religioso, bensì la memoria dei Caduti che ricordiamo in questo “Campo della Gloria”. Qui siamo convocati da una memoria laica e civile. Qui non ricordiamo i martiri di una fede religiosa, né compiamo un atto di culto per tutti i defunti. In questo luogo invece proclamiamo la gloria di chi ha rischiato e perduto la vita combattendo per valori di giustizia e libertà, di uguaglianza e democrazia. Questi valori sono infatti principi sui quali si fonda il patto costituzionale che ha dato vita alla nostra Repubblica, nata dalla Resistenza partigiana e consacrata dal sangue dei Caduti nella guerra di Liberazione nazionale. Siamo qui pertanto per dare espressione civile e laica all’esigenza, che è di ogni società, di rifarsi ai propri fondamenti. Un’esigenza indispensabile per non perdere di vista l’unità nazionale e la coscienza democratica. Indispensabile per rinsaldare il proprio cammino nella storia alla ricerca della pace e del bene comune, in quella “casa di tutti”, che è e deve essere la “polis”, la “città dell’uomo” con le sue istituzioni temporali.
Allora non possiamo e non dobbiamo confondere la “pietas” cristiana con la “pietas” civile. Le due diverse prospettive di “pietas” si devono tenere distinte, senza contrapporle come alternative, secondo la stessa visione cristiana, che distingue l’ambito spirituale da quello temporale. La prima (quella cristiana), se ispirata dall’evangelo, anticipa la luce dell’ultimo e nuovo giorno e, in tale luce, apre i cuori a non fare distinzione tra defunti, ma a sperare e pregare per tutti indistintamente. Non altrettanto farà la “pietas” civile. Per la società civile è doveroso non mettere tutti i morti sullo stesso piano. Non tutti infatti, nella loro vita e con la loro morte, hanno voluto che la “polis” terrena fosse la “casa di tutti”. La casa è di tutti se nessuno se ne appropria, come invece aveva fatto il fascismo e ancora potrebbe fare sotto mutate spoglie. Ma, in una società pluralista, la casa non sarebbe più di tutti neppure qualora, per tentare di risolvere problemi ancora aperti dell’unità nazionale o per guarire ferite non sanate nel nostro paese, si cadesse nella tentazione di sostituire alla “pietas” civile, che deve distinguere tra morti e morti, quella specifica di una fede particolare. Di nessuna fede. Lo dico pensando alla stessa mia fede di cristiano.
Certamente in nome di questa posso essere spinto a considerare i morti tutti uguali davanti a Dio e a metterli, nella mia coscienza interiore e personale, gli uni accanto agli altri. Ma questo non mi sottrae dal senso della cittadinanza che condivido con più e diverse sensibilità nella “comune” città terrena, nella quale e per la quale non metterò mai sullo stesso piano né troverei accettabile l’idea di seppellire o di onorare gli uni accanto agli altri i caduti sugli opposti fronti della guerra di liberazione nazionale. Che gli uni e non gli altri siano sepolti e onorati in questo Campo della Gloria non è conseguenza delle ragioni di forza di cui disponevano i vincitori sui vinti. È invece la civica “pietas” ad esigerlo, perché la città libera e democratica ha tra i suoi padri soltanto coloro che hanno scelto di combattere per liberarla e restituirla alla sovranità popolare. Né qui né in altro luogo della nostra città, medaglia d’oro della Resistenza, il pur apprezzabile desiderio di promuovere la riconciliazione nazionale dovrà portarci a mettere tutti i morti sullo stesso piano, cadendo in una sorta di “relativismo della memoria”. Solo nel dialogo paziente tra le varie componenti sociali e religiose, nel confronto intelligente tra le differenti visioni culturali e ideologiche, nella mediazione democratica tra le contrapposte posizioni politiche è possibile avanzare positivamente sulle vie della riconciliazione nazionale e pervenire ad un consenso politico, valido per l’intera “polis”. Ogni altra via è illusoria scorciatoia. Nell’attuale società pluralista e laica avrà diritto di cittadinanza solo il consenso che potrà essere razionalmente argomentato, democraticamente perseguito, liberamente proposto alle coscienze. La laicità della “polis” e delle sue istituzioni civili e la democraticità dei processi di formazione del consenso sono due condizioni fondamentali e irrinunciabili per favorire un reale superamento di antiche fratture e contrapposizioni non ancora ricomposte. In questo, come in ogni altro processo democratico di promozione del consenso, gli esponenti delle componenti religiose abbiano lucida la consapevolezza di rappresentare solo una parte della società civile e vigile l’attenzione a non prevaricare. Non abbiano la pretesa di possedere in esclusiva l’unica vera cognizione del “bene comune” per l’intera società o del senso etico universale. Sulla scena pubblica le voci religiose siano sì valorizzate (non certo emarginate), ma solo nella misura in cui esse sanno accedervi senza eccessive sovraesposizioni mediatiche e senza indebite ingerenze nella sfera politica. In ogni realtà religiosa ai suoi rappresentanti si presenta forte la tentazione del protagonismo e del potere, di un potere che dichiarandosi spirituale spesso persegue benefici e obiettivi temporali. Senza una vigorosa e consapevole dose di autocritica, le religioni restano in una sorta di ambiguità. Hanno certamente grandi tesori di sapienza, ma sono anche esposte a tentazioni fondamentaliste e integraliste diventando, in questa eventuale deriva,
facile preda a strumentalizzazioni politiche. La politica, l’intera società e, al suo interno, le comunità religiose hanno oggi bisogno di crescere in laicità e democrazia. Per questo scopo diamo il nostro impegno a favore dell’Italia. "
Milano, Campo della Gloria, 1 novembre 2007 - Intervento di Mons. Gianfranco Bottoni
Dunque, nulla di nuovo da chi parla ad esclusiva audizione dell' ANPI, in una Milano che, grazie a tali dichiarazioni, nega ancora la pacificazione a chi combattè per un ideale diverso dalla democrazia. Nonostante i tentativi dei Sindaci Albertini e Moratti negli ultimi anni di unire nel ricordo i morti del Cimitero che vide per anni oltraggiate nei peggiori modi le Tombe dei Combattenti della Repubblica Sociale Italiana.
Perchè dunque non far tornare alla ribalta Frate Mitra, alias Silvano Girotto ? Un Francescano Guerrigliero Sudamericano non lo si nega a nessuno , no ? Potrebbe servire, chissà, con tutti i Fascisti che ci sono in giro... I quali hanno pure riesumato San Pio da Pietrelcina, opperbacco !
Monsignore, Monsignore, io quasi quasi un Santino del Frate venerato a San Giovanni Rotondo glielo mando. Con quello di Don Orione, di Don Calcagno, di Don Edmondo De Amicis, di Don Antonio Padoan e di tanti altri...
E chissà, forse per lei anche Don Camillo è uno sporco Fascista !
3 commenti:
Ecco i commenti:
#1 08 Luglio 2008 - 17:57
Che pena....schedature...impronte digitali.......G8........lodi Schifani....Di Pietro.......moschee varie......Tutta spazzatura ne una notizia vera nulla di nulla...e ora ci mancava anche la manifestazione al Campidoglio..ma quando si manifesterà contro i campi rom, i lava vetri prepotenti, le strade sporche, le buche.........e pio i circoli ARCI che centrano..ma...rimango sempre più basito...
p.s intanto Pechino si avvicina..il Tibet viene dimenticato.." il comunismo è bene" il fascismo è male" che spettacolo!!!!!!
Adriano!!!!
utente anonimo
#2 08 Luglio 2008 - 20:31
Mah… io mi chiedo se la Storia l’ha mai studiata. Tutti gli eccidi, le persecuzioni ai danni della Fede Cattolica che l’ateismo ed il marxismo hanno sempre portato avanti quando sono stati al potere (e anche altre volte).
Evidentemente, il Triangolo Rosso, la Vandea ecc… sono solo storielle per far addormentare i bambini piccoli, per il Monsignor Bottoni.
E ci credo che c’è imbarazzo! Ad un certo punto un povero cristiano non sa più da che parte stare! :D
utente anonimo
#3 08 Luglio 2008 - 21:46
ah, don camillo. partigiano "bianco", se non sbaglio.
sbaglio?
irazoqui
#4 09 Luglio 2008 - 10:02
ADRIANO.
Io nel mio piccolo ho esposto il bannerino. Quest' anno niente TV per le Olimpiadi. Ho purtroppo appreso che Sarkozy andrà a Pechino.
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Ricky
Probabilmente sui libri dell' attuale scuola marxista italiana.
Per fortuna, la sinistra nella Chiesa sta prendendo mazzate...
Ma i giornali continuano a parlare a senso unico...
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Irazoqui.
Bentornato.
In Mortidimenticati parlo spesso anche dei partigiani bianchi. Equamente assassinati dai rossi :-)
Anche se io preferisco senz'altro solo i commbattenti del Regio Esercito del Sud. Nemici sì, ma con divisa e mostrine...
Vandeaitaliana
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