Quello che accade in questi giorni nella vicenda che riguarda il Direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, non solo è farsesca, ma è una storia che sarebbe potuta accadere solamente in Italia. Una condanna a 14 mesi di carcere per un articolo uscito tempo addietro su Libero, peraltro non suo, che risulterebbe diffamatorio di un giudice. Mercoledì è attesa la sentenza di Cassazione, con rischio, se i giudici confermeranno l' Appello, di arresto immediato, anche perchè il giornalista viene considerato "socialmente pericoloso".
Una vicenda incredibile che rimanda a quella simile che colpì il grande Giovanni Guareschi, che negli anni '50 scontò oltre 400 giorni di carcere (Giuanìn non volle fare appello, ritenendo ingiusta non la pena, mai reato in sè: "No, niente appello. Qui non si tratta di riformare una sentenza, ma un costume...Accetto la condanna come accetteri un pugno in faccia:non mi interessa dimostrare che mi è stato dato ingiustamente", ebbe a commentare) per aver pubblicato sul settimanale da lui fondato e diretto, Il Candido, un manoscritto che sosteneva che De Gasperi chiese agli alleati di bombardare la città di Roma. Poi fatto distruggere da un altro Collegio tribunalizio. Carcere che minò per sempre la salute del grande scrittore parmense. Guareschi fu il primo giornalista della repubblica che scontò interamente una condanna per diffamazione a mezzo stampa. Speriamo che non accada nuovamente con Sallusti.
Intanto, un criminale come Cesare Battisti se la spassa in Brasile...
4 commenti:
Ue, la Corte di Strasburgo: no ai cronisti in carcere
Anche l’Unione europea si è espressa chiaramente sul tema del carcere per i giornalisti. Da ultima, nell’aprile 2009 (ricorso 2444/07, Kydonis), la Corte europea di Strasburgo ha sentenziato: «Il carcere, ancora previsto in casi di diffamazione a mezzo stampa negli ordinamenti dei Paesi membri, ha un effetto deterrente sulla libertà del giornalista di informare », con conseguenze altrettanto negativo per lacollettività che ha il diritto ricevere informazioni e opinioni. Una circostanza che avviene pure quando il carcere è convertito in ammende pecuniarie e la pena è sospesa. Le pene detentive per chi esercita la professione di giornalista non sono nemmeno compatibili con la libertà di espressione sancita dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Tuttavia, dice la Corte europea, il carcere potrebbe essere previsto solo per chi incita alla violenza o all’odio.
Gran Bretagna, materia depenalizzata presto anche sul web
Dal 2009 nel Regno Unito la diffamazione a mezzo stampa non è più un reato. La svolta rispetto al passato è avvenuta per mezzo del « Coroners and justice act », un’ampia riforma che introduce la depenalizzazione di tutti i reati che riguardano la sfera dell’opinione e della diffamazione (in particolare, « defamation, sedition and seditious libel, defamatory libel, obscene libel »).L’Inghilterra e Galles dunque si sono messi sulla strada della difesa totale della libertà d’espressione, con l’intenzione di estendere le stesse tutele anche al panorama dei media digitali.
Usa, in 33 Stati su cinquanta la diffamazione non è reato
Culla indiscussa del liberalismo, negli Usa la legge sulla diffamazione trae fondamento dal Common Low inglese e s’inserisce nel Primo emendamento alla Costituzione, in una linea di continuità che ha radici due secoli addietro. Per essere diffamante, il contenuto deve essere falso; per essere diffamante, il contenuto falso deve essere «motivato da intenzioni malevoli » ( motivated by malice ). E in 33 Stati su 50 il reato non è nemmeno perseguito. Insomma lo strumento della querela per diffamazione non deve mai deve trasformarsi in un bavaglio.
Svizzera, nessuna sanzione se c’è buona fede
Alle porte del nostro Paese la regolamentazione della fattispecie diffamatoria è molto diversa da quella italica. Qui «chiunque, comunicando con un terzo, incolpa o rendesospetta una persona di condotta disonorevole o di altri fatti che possano nuocere alla reputazione (...) è punito, a querela di parte, con una pena pecuniaria sino a 180 aliquote giornaliere ». Mai il carcere. Il giornalista inoltre non incorre in alcuna sanzione se prova di aver detto o divulgato cose vere oppure prova di avere avuto seri motivi di considerarle vere in buona fede.
Francia, il processo è penale come da noi, ma sfocia soltanto in un’ammenda.
In Francia la diffamazione a mezzo stampa conserva profili penalistici, eppure la pena è praticamente sempre un’ammenda, il cui importo varia a seconda della qualifica della vittima offesa. Di recente l’ex presidente Sarkozy aveva annunciato una riforma per la depenalizzazione del reato, eppure il maggiore sindacato di giornalisti francese (Snj) s’era dichiarato contrario: «La procedura penale, infatti, è più vantaggiosa rispetto al procedimento civile. C’è una giurisprudenza, che inquadra il giudizio nell’ambito del rispetto delle libertà pubbliche fondamentali».
Svezia, la libertà d’espressione è legge costituzionale
La Scandinavia da anni vanta il primato tra i Paesi in cui si gode il massimo della libertà di stampa e di espressione, come ha certificato anche l’ultimo rapporto Freedom House e Reporter senza frontiere, che ha collocato Norvegia, Svezia e Finlandia sul podio ideale dell’informazione senza bavaglio. In Svezia, per comprenderci, la legge sulla libertà di stampa e di espressione è considerata fondamentale al pari di quelle sull’ordinamento costituzionale e l’ordine di successione dinastica. La diffamazione è punita con una sanzione solo pecuniaria.
Croazia, Serbia e Macedonia, basta punire le opinioni
Già nel 2006 la Croazia, che ambisce a far parte a pieno titolo dell’Unione europea, ha escluso il carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Così il Paese affacciato sull’Adriatico ha seguito del resto l’esempio di Serbia e Macedonia. L’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) ha negoziato con il governo una modifica in senso liberale della legge dopo che diversi cronisti locali avevano subito l’arresto.
Germania, multe anche pesanti però mai in prigione
In Germania, come in Francia, la diffamazione a mezzo stampa - e il correlato omesso controllo nel caso del direttore della testata - è considerata un reato penale piuttosto che un illecito civile. Nella giurisprudenza tedesca il giornalista che al termine dei gradi di giudizio venga ritenuto colpevole è assoggettato a una pena alternativa (sanzione pecuniaria) che può essere anche particolarmente ingente, ma mai condannato a scontare giorni, mesi o anni di carcere. Nella prassi, quindi, la diffamazione a mezzo stampa è ritenuto un reato di minor gravità.
Se la condanna sarà eseguita, rappresenterà l'ennesima vergogna del sistema giuridico italiano, dove i criminali sono garantiti anche quando hanno ammazzato o istigato agli omicidi (veggasi il caso Sofri che, nonostante otto processi - massimo della garanzia - fu condannato ma non ha scontato tutta la - peraltro esigua - pena cui fu condannato per presunte condizioni di salute che non gli impediscono di essere a distanza di 8 anni, vivo e vegeto) mentre vengono severamente represse le opinioni, le idee, le manifestazioni delle stesse e la loro rappresentazione e diffusione.
Già, Massimo , l' ennesimo scandalo. Che non ha fine...
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