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venerdì 20 aprile 2007

Al Andalus: falso mito della tolleranza musulmana.

Gli sgozzati a Malatya in Turchia riportano in prima pagina l'opposizione tra la laicità presunta dello Stato Turco che viene sbandierata da chi vuole Ankara in Europa e la realtà delle cose. Spesso giornalisti che la sanno lunga ci rammentano, per suffragare le tesi di tale "buona laicità" che controlla estremisti e fondamentalisti, il Mito di Al-Andalus , la Spagna dominata dai musulmani con un Islàm tollerante e benefico.

Fandonie colossali ! Ignoranza e malafede compartecipanti; a cominciare dalla "Carta di Omar", le norme proclamate dal secondo Califfo dopo Maometto che regolavano la Dhimma. Dhimma è l’espressione araba che designa una “sorta di contratto, indefinitamente rinnovato, per il quale la comunità musulmana accorda l’ospitalità-protezione ai membri delle altre religioni rivelate, a condizione che essi stessi rispettino la dominazione dell’Islam. Si chiamano dhimmīs i beneficiari della dhimma e ahl al-dhimma o semplicemente dhimma tutta la loro collettività (Etudes Arabes.Dossiers, Al-Dhimma. L’Islam et les minorités religieuses, n.80-81, 1991/1-2, Pontificio Istituto di studi arabi e d’islamistica (PISAI), Roma, p.5. ).

‘Abd al-Rahmâm b.Ganm ha riportato ciò che segue.
Quando ‘Umar b. al-Hattâb ebbe accordato la pace ai cristiani di Siria, noi gli scrivemmo in questi termini:
Nel nome di Allah, Beneficente Misericordioso!
Questa è una lettera indirizzata dai cristiani di tale città al servitore di Allah, ‘Umar b. al-Hattâb, comandante dei Credenti. Quando lei è venuto da noi, abbiamo chiesto la salvaguardia per noi, i nostri figli, i nostri beni e i nostri correligionari, e ci siamo impegnati nei vostri confronti ad osservare le seguenti condizioni:
Non costruire più, nelle nostre città e dintorni, conventi, chiese, celle, eremi di monaci.
Non riparare, né di giorno né di notte, quegli tra questi edifici che cadranno in rovina o che saranno situati nei quartieri musulmani.
Tenere le nostre porte d’ingresso aperte ai passanti e ai viaggiatori. Accordare ospitalità a tutti i musulmani che passeranno e alloggiarli per tre giorni.
Non dare asilo, né nelle nostre chiese, né nelle nostre dimore, ad alcuna spia.
Non nascondere ai musulmani nulla che potrebbe loro nuocere.
Non insegnare il Corano ai nostri bambini.
Non manifestare pubblicamente il nostro culto e non predicarlo a nessuno. Non impedire ad alcuno dei nostri parenti di abbracciare l’Islam, se questa è la sua volontà.
Rispettare i musulmani, alzarci dalle sedie quando loro vorranno sedersi.
Non cercare di assomigliare loro nell’abbigliamento, che si tratti della qalansuwa (N.d.T. sorta di berretto che si copriva con il turbante), del turbante o dei sandali, o nel modo di pettinarci.
Non usare la loro parlata e non prendere i loro nomi (kunya).
Non utilizzare la cavalcatura con la sella e non cingere la spada. Non detenere e non portare con noi alcun tipo di arma.
Non fare incidere i nostri sigilli con caratteri arabi.
Non vendere bevande fermentate.
Rasarci la parte anteriore del capo. Vestirci sempre nello stesso modo, in qualunque luogo ci troviamo, stringendoci lo zunnâr in vita (N.d.T. cintura in seta e cotone indossata dai cristiani).
Non mostrare le nostre croci ed i nostri libri (sacri) sulle strade frequentate dai musulmani, né nei loro mercati.
Suonare il simandron solo piano nelle nostre chiese. Non alzare la voce nelle chiese per la lettura, in presenza di musulmani. Non fare le processioni pubbliche per le Palme e per Pasqua, non alzare la voce accompagnando i nostri morti. Non fare luminarie nelle strade frequentate dai musulmani, né nei loro mercati.
Non seppellire i nostri morti nelle vicinanze dei musulmani.
Non prendere gli schiavi che sono toccati in sorte ai musulmani.
Non costruire case più alte di quelle dei musulmani.
Quando io portai questo documento a ‘Umar, egli vi aggiunse:
“Noi non colpiremo alcun musulmano”.
Queste sono le condizioni che noi abbiamo sottoscritto, noi e i nostri correligionari, e in cambio delle quali noi riceviamo la salvaguardia. Se dovessimo contravvenire ad uno di questi impegni presi, dei quali rispondiamo con la nostra persona, non avremo più diritto alla dhimma e saremo passibili di essere condannati alle pene riservate ai ribelli e ai sediziosi.
‘Umar b. al-Hattâb rispose (a ‘Abd al-Rahmâm b.Ganm):
“Accetta la loro richiesta, ma aggiungi a ciò che hanno sottoscritto le due seguenti condizioni che impongo loro:
Non comprare nulla che faccia parte dei bottini di guerra dei musulmani.
Colui che avrà colpito deliberatamente un musulmano sarà privato della protezione garantita da questo patto”.

(‘Abd al-Rahmâm b.Ganm, figlio di un compagno di Maometto. Era stato inviato in Siria dal califfo Omar. Sarebbe morto nell’anno 78 dell’egira.)

Come si vede, proprio il massimo dei Diritti dell' Uomo ! A questo dobbiamo poi aggiungere un elenco di persecuzioni, conosciute nel Martirologio Cristiano come Martiri di Cordova . Tra cui, ricordiamo, le Sante Flora e Marta:

FLORA e MARTA, sante, martiri di CÓRDOVA.

Flora, nata a Córdova da padre musulmano e madre cristiana, fu da questa educata, dopo la morte del marito, nella religione cattolica. Per evitare le continue noie di un suo fratello acceso musulmano e poter meglio dedicarsi alla pietà e alla penitenza, verso l'a. 845 si allontanò da casa insieme alla sorella Baldegoto. A motivo di tale fuga, su delazione del fratello, furono incarcerati alcuni chierici e fedeli, e perciò Flora tornò a casa. Deferita dal fratello al cadì (giudice) sotto l'accusa di apostasia, fu brutalmente battuta. Rilasciata, tornò a fuggire e per sei anni rimase nascosta nelle vicinanze di Martos; poi, accesa dal desiderio del martirio, tornò a Córdova, dove nella basilica di S. Acisclo si incontrò con Marta, la quale era cresciuta nel monastero di S. Maria di Cuteclara, vicino a Córdova, sotto la guida della Santa vedova Artemia. Essendo stato martirizzato un suo fratello monaco, il diacono Wallabonso, Marta era uscita dal monastero in cerca del martirio.
Trovatesi così insieme, Flora e Marta, andarono dal cadì e professarono pubblicamente la loro fede cattolica. Messe in carcere, furono visitate da S. Eulogio, pure lui nella stessa prigione, il quale, commosso per la fortezza e le sofferenze delle due vergini, tornato nella sua cella, prese a scrivere per loro quell'ardente trattato, Documentum martyriale, che è la più nobile apologia ed esortazione al martirio. Interrogate e tentate più volte dal cadì, perseverarono forti nella fede, e perciò furono decapitate il 24 novembre 851 nel corso della crudele persecuzione dell'emiro Abd al-Rahmàn II. I loro corpi, abbandonati nei campi e rispettati dagli stessi animali, furono quindi gettati nel fiume Guadalquivir; in seguito il corpo di Marta fu ritrovato e sepolto dai cristiani nella chiesa del monastero di Cuteclara. Le teste delle due martiri furono collocate nella basilica di S. Acisclo. S. Eulogio, che attribuisce alla intercessione di queste due vergini la sua liberazione, avvenuta pochi giorni dopo, diede notizia del martirio in due lettere indirizzate al suo amico Alvaro Paolo e alla sorella di Flora, Baldegoto, e ne inserì una relazione nel suo Memoriale sanctorum. Le sante Flora e Marta vengono ricordate nel Martirologio Romano il 24 novembre.

Ma soprattutto Sant' Eulogio stesso, che fu decapitato proprio il fatidico 11 Marzo recentemente tornato a bagnare di sangue la Spagna poi convertita a Zapatero :

Sant’Eulogio non è che il più importante fra la folta schiera dei “Martiri di Cordoba”. Numerosissimi cristiani, infatti, testimoniarono la loro fede in Cristo con il supremo sacrificio dell’effusione del loro sangue presso Cordoba, importante città spagnola dell’Andalusia. Strappata ai Visigoti dagli Arabi nel 771, prima di essere riconquistata nel 1236 dal celebre sovrano San Ferdinando III di Castiglia.
Le reazioni alla dominazione dei mori venivano facilmente soffocate con persecuzioni.
Fu proprio in tale contesto che si collocò il martirio di Eulogio, sacerdote, vescovo eletto di Toledo. Non potendo a qualunque costo accettare o tollerare la passività dei cristiani, egli scrisse e predicò apertamente contro il Corano. Imprigionato una prima volta, venne rilasciato dopo che egli aveva confortato e rianomato i suoi compagni di prigionia con un’efficace “Esortazione ai martiri”. Nominato vescovo di Toledo, non poté neppure essere consacrato e prendere possesso della sua sede: l’11 marzo 859 venne infatti decapitato, in esaudimento del suo grande desiderio.






Nel primo link in basso troverete la recensione tratta dalla rivista "Il Timone" del libro "A morte in nome di Allah" di Camille Eid, PIEMME 2004.


http://www.libreriatheseus.it/page209.htm

Nel secondo l' articolo di Socci sempre a riguardo del libro stesso.

http://www.libreriatheseus.it/page208.htm

2 commenti:

Starsandbars/Vandeaitaliana ha detto...

Ecco i commenti:

Starsandbars/Vandeaitaliana ha detto...

#1 20 Aprile 2007 - 21:56

Permetti che posti la prima part di questo post in un forum? Citando la fonte.
ago86


#2 21 Aprile 2007 - 15:10

Pero' c'erano i pacifici mutaziliti... c'erano Averroe' e Avicenna (perseguitati dagli stessi musulmani). Ora sono diventati buoni, diamo loro un'altra chance come ai sovietici, chissa' che stavolta non riescano. :-)

Lo PseudoSauro
utente anonimo


#3 21 Aprile 2007 - 15:35

Hi Hi hi ....
Vandeaitaliana


#4 22 Aprile 2007 - 19:12

Guarda, riguardo il massacro avvenuto in Turchia, anche se un po' off-topic, ti segnalo questi due post:

http://annavercors.splinder.com/post/11867651#comment

http://annavercors.splinder.com/post/11856306#comment
ago86