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giovedì 31 luglio 2008

Fosse solo la Spagna, Irazoqui. Basta andare a Bologna...

Ho appena letto che Irazoqui ha ricordato i massacri che i comunisti fecero in Spagna a danno degli anarchici: non bisogna andare così indietro nel tempo e così lontano. Basta recarsi a Bologna ai tempi nostri...

"BOLOGNA DEI DINOSAURI - PESTAGGI TRA ANARCHICI E AUTONOMI, CON VAGO RETROGUSTO DA FAIDA CALABRESE - L’INSULTO RECIPROCO: “SIETE DEI RIFORMISTI VENDUTI ALLO SCERIFFO COFFERATI E ALLA POLIZIA”…
BOLOGNA — «Compagni, qui un limite è stato superato, che traslittera in assoluto il piano da quello della, seppur aspra, dialettica politica, all’estraneità ad un futuribile percorso di movimento condiviso».
Anche se lo scorrevole eloquio potrebbe trarre in inganno, non si tratta di una mozione di minoranza presentata al congresso di Rifondazione, ma di un comunicato messo in rete a fine maggio dal centro sociale Crash. Qui si va ancora più a sinistra, dentro a una rissa tutta bolognese tra autonomi e anarchici che fa molto anni Settanta, ma fuori tempo massimo, con l’aggiunta di un vago retrogusto da faida calabrese. I duellanti sono quelli di Crash, presidio ultra antagonista dell’Emilia alternativa, e il centinaio di giovani anarchici che si sono riuniti intorno al collettivo Fuoriluogo. L’accusa reciproca è di essersi venduti al sistema, venendo a patti con il bieco sindaco sceriffo (Sergio Cofferati) oppure intrattenendo rapporti con la Polizia durante le manifestazioni. L’ambito titolo di «duro e puro» viene conteso a forza di agguati con mazzate, e ogni tanto capita che tra i danni collaterali vada inserito qualche civile di passaggio, ancora pervicacemente ancorato all’idea di vivere nel 2008.
Nell’ultima informativa inoltrata in Procura, oltre ad identificare una dozzina di «combattenti» equamente distribuiti tra le due fazioni, la Digos parla di «probabile escalation destinata ad innescare una ulteriore spirale di atti violenti», e paventa «l’alto rischio» che la contesa «non rimanga limitata al solo territorio bolognese». C’è molta preoccupazione, anche perché alcuni militanti, intercettati nell’ambito di altri procedimenti, al telefono fanno presente la necessità di armi da fuoco per dirimere la contesa. «Clima davvero pessimo» dice Valerio Monteventi, consigliere comunale e «garante» del movimento bolognese, uno che gli anni ’70 li ha vissuti.
«Crash piange perché papà Coffy gli ruba il giochino». La scritta sul muro, apparsa lo scorso ottobre durante un corteo, segna l’inizio ufficiale della resa dei conti, almeno secondo il dossier della questura. Al Crash sapevano bene che lo sfottò, accompagnato da qualche coro di «riformisti di m…», arrivava dagli anarchici, ma diedero la colpa alla Lega Nord, aspettando di lavare i panni sporchi in famiglia. Da allora, è stato tutto un crescendo. Ogni manifestazione, e a Bologna ce n’è praticamente una al giorno, diventa un patema d’animo per poliziotti e partecipanti neutrali. Ma anche una quindicina di pestaggi notturni rimasti senza autore sono attribuibili direttamente alla faida.
Per stare agli ultimi due mesi, il 18 maggio un ragazzo di Fuoriluogo viene aggredito con tirapugni e spranga. Finisce al Pronto soccorso con la testa aperta, ma non sporge denuncia. Il 26 maggio una trentina di persone entrano al centro Fuoriluogo, nel quartiere San Vitale, e picchiano a sangue cinque ragazzi, tra le quali due donne, entrambe con il setto nasale fratturato. In mezzo a queste due date alcuni militanti di Crash subiscono agguati sotto casa. Il 9 giugno, durante la diretta di Italia-Francia, si fanno le cose in grande. Due pullman Mercedes si fermano davanti alla sede di Crash, in fondo a via Zanardi. Scendono una ventina di persone, tutte vestite di nero, con il volto coperto, armate di bastoni e bombe carta. Quelli del centro sociale si chiudono dentro. Parte l’assalto, e — tra gli altri — ne fanno le spese due «civili» che stavano visitando un laboratorio fotografico all’interno dell’edificio, rispettivamente 20 e 30 giorni di prognosi, fratture di naso, zigomo e braccia. Lo scorso 5 luglio, al pacifico corteo per i diritti dei migranti, le due fazioni si presentano equipaggiate di catene e spranghe. Vetrine infrante, una dozzina di auto danneggiate, altrettanti contusi. Il resto del movimento bolognese si premura di annullare un paio di manifestazioni previste a metà mese.
Il «limite della dialettica politica» citato nel documento di Crash è stato ampiamente superato anche per la Procura, che ha aperto un fascicolo con ipotesi di reato che vanno dal danneggiamento alla violenza privata passando per le lesioni gravi. C’è anche il favoreggiamento, perché in certi ambienti ci si spacca la testa, si finisce all’ospedale, magari dopo aver devastato il locale di qualche poveraccio che non c’entra nulla, ma con gli «sbirri» non si parla. «Omertà totale» dicono alla Digos. Siccome la sede di Fuoriluogo è in una casa privata, dopo l’ennesima rissa gli agenti hanno bussato alla porta. Ha aperto l’intestatario del contratto di affitto. Naso rotto, occhi neri, braccio al collo. «Sono caduto mentre facevo le pulizie di casa». Più che nei «favolosi» anni Settanta, sembra di stare nell’Aspromonte di due secoli fa.
Marco Imarisio (Corriere della Sera)

Tratto da http://www.ladestra.info/ (il portale d' informazione della Destra Italiana.

http://www.ladestra.info/

Noi Afascisti CattoTrad stiamo a guardare e scuotiamo la testa: Non ci sono più i comunisti di una volta...

Hi hi hi ...


martedì 29 luglio 2008

125 anni fa, come fosse oggi !

Oggi nella casa di Dovia di Predappio, da Alessandro e Rosa Maltoni, nasceva Benito Amilcare Andrea Mussolini. Nella sua lunga carriera politica, oltre ad essere Primo Ministro del Regno, ricevette numerosissime onoreficenze, tra cui:


Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Militare di Savoia
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Coloniale della Stella d'Italia
Croce al Merito di Guerra
Medaglia commemorativa della Guerra italo-austriaca 1915 – 18
Medaglia commemorativa italiana della Vittoria
Medaglia commemorativa dell'Unità d'Italia
Medaglia commemorativa della Marcia su Roma
Croce di anzianità (20 anni) nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale
Cavaliere dell'Ordine dello Speron d'oro
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme
Ordine di Lāčplēsis Order of the Bath
Croce della Libertà (Estonia)
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine di Scandenberg
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Militare dell'Aquila Romana.

Nel suo Testamento scrisse:

"Mutevolissimo è lo spirito degli italiani. Quando io non ci sarò più, sono sicuro che gli storici e gli psicologi si chiederanno come un uomo abbia potuto trascinarsi dietro per vent'anni un popolo come l'italiano. Se non avessi fatto altro basterebbe questo capolavoro per non essere seppellito nell'oblio. Altri forse potrà dominare col ferro e col fuoco, non col consenso come ho fatto io. Il mio governo è stato assai più lieve che non certe democrazie in cui imperano le plutocrazie. Il fascismo ha avuto più morti dei suoi avversari e il 25 luglio al confino non c'erano più di trenta persone. Quando si scrive che noi siamo la guardia bianca della borghesia, si afferma la più spudorata delle menzogne. Io ho difeso, e lo affermo con piena coscienza, il progresso dei lavoratori. Tra le cause principali del tracollo del fascismo io pongo la lotta sorda ed implacabile di taluni gruppi industriali e finanziari, che nel loro folle egoismo temevano ed odiano il fascismo come il peggior nemico dei loro inumani interessi. Devo dire per ragioni di giustizia che il capitale italiano, quello legittimo, che si regge con la capacità delle sue imprese, ha sempre compreso le esigenze sociali, anche quando doveva allungare il collo per far fronte ai nuovi patti di lavoro. L'umile gente del lavoro mi ha sempre amato e mi ama ancora. "

Fu vera Gloria ? Ai Posteri l' ardua sentenza !


venerdì 25 luglio 2008

Gioventù italiana l’8 agosto in piazza a Roma per il Tibet.

Ricevo e volentieri pubblico:

“Gioventù Italiana” scende in piazza per il Tibet. Gioventù Italiana movimento giovanile de La Destra , venerdì 8 agosto scenderà in piazza a Roma in una manifestazione nazionale per il Tibet Libero lo annuncia Luca Lorenzi a nome di tutta la dirigenza di Gioventù Italiana , la manifestazione sarà in concomitanza con la Cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Pechino, il ritrovo è fissato per le ore 15 a Largo dei Lombardi, su Via del Corso, nel cuore della Capitale. Saremo tantissimi per protestare contro la Cina comunista e per chiedere che la nostra nazionale partecipi alla manifestazione olimpica non con il tricolore ma con la bandiera del Coni , in segno di protesta contro le violazioni dei diritti umani perpetrati da decenni dalla dittatura cinese. Alla manifestazione parteciperanno anche i big della Destra. “Esistono tragedie e comportamenti a cui chi crede ancora di poter cambiare il mondo non può permettersi di assistere immobile!” è quanto dichiarano Aimone Ferrario Bonanni e Francesco Ciccone, ideatori dell’iniziativa “Stop Cina! Free Tibet, Free Europe” “Non possiamo esimerci dal sentirci vicini alla sofferenza del popolo tibetano, e dall’affiancarla a quella di chi nel nostro Paese è costretto alla soglia della povertà da uno stipendio da fame o da un licenziamento. Situazioni in vero molto diverse ma originate dalla stessa sprezzante violenza ed ignoranza di quelle regole di rispetto per l’Uomo e per i Popoli che dovrebbero rappresentare le fondamenta di qualunque Stato. Ed è questa diversità congenita che ci impedisce di accettare questi Giochi Olimpici. Lo Sport può e deve avvicinare ed unire, serve a riscoprire una radice di Valori comuni, laddove questa radice non esiste, una manifestazione sportiva come le Olimpiadi perde il suo senso e rimane solo una vuota scatola pubblicitaria a servizio degli interessi di legittimazione e sdoganamento di un regime criminale”. “Di fronte ai recenti accadimenti in Tibet, ed alle proposte di boicottaggio che alcuni esponenti della società, del mondo sportivo o politico hanno avanzato, si è levata una serie di voci contrarie, in nome degli ideali Olimpici, della non politicizzazione della manifestazione dei cinque cerchi. Un coro di “the show must go on” che facilmente si impone di fronte al silenzio della stampa sul problema Tibet e alle timide voci dei principali esponenti politici. Ma quale show, quale spettacolo deve continuare? Quello dei massacri della popolazione tibetana che rivendica la propria indipendenza, violentemente usurpata e negata dalla Cina comunista fin dal 1949? Quello della carcerazione di oltre mille oppositori politici protagonisti delle manifestazioni di piazza duramente represse dalla Polizia cinese? Oppure a continuare dev’essere lo show dell’Occidente schiavo della volontà di dominio mondiale della Cina capital-comunista che sta riuscendo a farci calpestare gli ideali su cui si fondano le nostre democrazie?”. “Non è pensabile che le Federazioni boicottino le Olimpiadi? Allora chiediamo che tutte le Società che sponsorizzano la manifestazione o che grazie ad essa beneficeranno di lucrosi ricavi (pensiamo alle concessionarie pubblicitarie di tv e carta stampata…) devolvano una quota a sostegno del Tibet e della sua lotta non violenta per l’indipendenza. Gesto concreto che varrebbe forse più di mille parole. Combattiamo questa battaglia perché è la nostra battaglia, quella per la libertà dei Popoli e per la difesa dei nostri Valori. Se chi ha nelle mani i fili del potere ha timore di schierarsi pubblicamente contro il colosso cinese Noi non possiamo certo abbassare la testa e tacere, Noi non vogliamo renderci complici di un tale gioco, Noi non guarderemo le Olimpiadi” concludono Aimone Ferrario Bonanni e Francesco Ciccone.

mercoledì 23 luglio 2008

La Destra si spacca ? Aspettiamo gli orfani di Alleanza Nazionale, piuttosto !

Mai come in questi giorni dai tempi della nascita del Mio Partito, se non in qualche rara occasione, si parla de La Destra. Questo dopo Orvieto e la Conferenza Programmatica. Pagine intere sui quotidiani, da Libero, Giornale, Messaggero, Tempo, Il Sole24ore. Come se improvvisamente il veto a parlare di noi fosse caduto. Il che mi fa pensare ad una serie di nuovi eventi.

1)Fini vede arrivare il momento dell' annunciata fusione con FI, e paventa una massiccia fuoruscita di chi ormai lo sopporta a malapena nel partito.

2)La Lega scalpita sempre più e non vuole rimandare il Federalismo Fiscale. Ma all' interno del PdL il Movimento delle Clientele et Pro Domo Sua ha paura di perdere voti da chi sostiene da sempre cadreghe in questa democrazia nata dalla resistenza se il federalismo passasse.

3)Berlusconi, che come Mourinho non è un P****, oltre a voler tenere il piede in centomila scarpe ed a voler essere amico ma padrone di tutti, comincia a macinare l' idea che un' eventuale Destra del Nord porterebbe via in futuro voti ad un alleato scomodo come il Partito di Bossi. Ed al tempo stesso lo renderebbe meno ricattabile da chi ha una base solida, popolare, forte ed ormai una struttura consolidata ed organizzata. Ha pure capito che la Santanchè non è una meteora politica, si è leccata le ferite e, anche se a volte commette errori per mancanza di esperienza (come l' attacco dell' altro ieri a Telelombardia al fratello di Borsellino, che non è come Rita) e vuole riprendere la lotta per uno dei problemi maggiormente sentiti dalla gente, LA SICUREZZA. Questo mentre il Governo nicchia su troppe cose, prendendo a volte cantonate incredibili come quella di Maroni sulla cittadinanza ai bimbi Rom.

Insomma 900.000 voti non sono poi poca cosa, per un partito nato in fretta e furia, pergiunta tartassato dai media, soprattutto avvicinandosi Elezioni Europee e Provinciali, quest' ultime spesso in mano alle sinistre. Ed ecco quindi che le sirene ammaliatrici sono partite in ogni direzione della Destra.

Il mio modesto parere è che ci sia spazio sia per le idee di Storace (la Teoria, L' Ideale, la Lotta di chi cade ma non s'arrende) che per quelle della Santanchè (la Prassi, il Quotidiano, la Mediazione tipicamente femminile). Sedersi ad un tavolo, ma con idee precise e senza rinunce aprioristiche, non vuol dire svendersi a chi è nemico dei miei nemici, cioè i sinistri. Anche perchè il tempo lavora per noi, non dimentichiamolo. Infatti come reagiranno alla fusione tanti esponenti e militanti di Alleanza Nazionale ?

Molti sono i nomi che mi vegono in mente: da Marcello de Angelis, per cominciare. Eppoi: Edmondo Cirielli, Carmelo Briguglio, Vincenzo Piso, Guglielmo Rositani, Domenico Benedetti Valentini, Cesare Cursi, Domenico Gramazio fino a Luca Pompei, nipote di Giorgio Almirante. Tutti che nel Dicembre 2003 o presero parte alla riunione militante all' Hilton di Roma voluta da Storace contro le sparate antifasciste finiane o che ne presero le distanze inorriditi. O come tanti scontenti o maltrattati all' interno di Alleanza Nazionale, come Silvia Ferretto Clementi www.ferretto.it . Sito nel quale vengono ben descritte le maniere democratiche ed affabili dei fratelli La Russa.

Dunque, caro Francesco e cara Daniela, AVANTI A DESTRA, INSIEME !

sabato 12 luglio 2008

Sabina Guzzanti, un Inferno assicurato.

Luglio, in Italia, è il mese più caldo. Ed il caldo fa brutti scherzi. Qui come in altre parti del mondo, come in Arizona, dove si segnalano pietosi casi umani dovuti allla calura. Capita così che in nome della Libertà, quella cara al 1789, si intensifichino gli attacchi Cattofobi ed al Santo Padre. E così, come rilevai lo scorso anno proprio in questo periodo per la mostra milanese blasfema sugli omosessuali, ecco puntuali nuove ingiurie. Questa volta proferite da Sabina Guzzanti.. Alla quale, aggiungendosi così all' artista di allora, profetizzo (uh uhh) un sicuro posticino in quell' Inferno dove, in modo blasfemo e volgare, ha voluto inviare Sua Santità Benedetto XVI. Lei, cara signorina, stia tranquilla, tanto l' Inferno, come Satana, non esiste, è un invenzione Fascista e Clericale: dunque non si preoccupi, vada tranquilla, dorma pure sogni tranquilli. Poi, quando sarà di là, mi verrebbe da usare una sua volgare espressione romana ( 'sti c**** !), ma io sono un povero bigotto clericale, e non posso...

PS:Il nome "Diavolo" deriva dal greco "diabolos", che significa letteralmente "diffamatore" o "accusatore".

martedì 8 luglio 2008

Un Monsignore partigiano. Tornano i tempi di Frate Mitra ?

Confesso che in questi giorni mi erano sfuggite le dichiarazioni di Monsignor Gianfranco Bottoni, responsabile per la Mia Curia delle relazioni ecumeniche ed interreligiose. Il quale, commentando l' intenzione da parte del Comune di Milano di spostare, e non chiudere - FINALMENTE ! - la moschea di Viale Jenner, soprattutto per l' intralcio al traffico di ogni venerdì da parte di coloro che, non trovando posto all' interno dell' edificio, si chinano in strada e sul marciapiede, ha detto: "Solo un regime Fascista o populista arriverebbe a tali metodi dittatoriali. Oso sperare che non siamo caduti così in basso.". Dichiarazioni che, come leggo oggi sul Giornale a firma Andrea Tornielli, hanno provocato imbarazzo e contrarietà in Vaticano, acuendo sempre di più il divario con la Diocesi Meneghina e Progressista che nel Cardinal Tettamanzi ha trovato un degno continuatore dell' opera di Martini. Ora io non vorrei ricordare i tanti Religiosi ammazzati per l' accusa di Fascismo dai partigiani, oppure di altri ferventi Cattolici Fascisti, primo tra tutti Carlo Borsani, dato che ho l'altro Mio Blog, "Morti Dimenticati " creato per l' occasione. Vorrei solo pubblicare il bel discorso, profondamente cristiano, rilasciato per il Giorno dei Santi il 1 Novembre dello scorso anno dal Monsignor Partigiano :

""La tradizione cristiana celebra oggi, primo di novembre, la festa di tutti i santi e domani fa commemorazione di tutti i defunti. Due celebrazioni tra loro legate e quasi sovrapposte.Nella denominazione di entrambe compare una prospettiva universale: “tutti” i santi e “tutti” i defunti.
La festa odierna esprime infatti la convinzione che moltissimi sono i santi ignorati in terra, ma riconosciuti in cielo. Questi sono infinitamente di più di quelli canonizzati dalle istituzioni ecclesiastiche. È dunque particolarmente significativo in questa festa ricordare, anche in questo luogo, la molteplicità di santi nascosti, testimoni di una santità popolare, laica e anonima. Anche il 2 novembre, commemorazione cristiana dei morti, riguarda tutti i fedeli defunti, senza precisarne i confini. Infatti - come amava ripetere il Card. Martini - non ci sono credenti da una parte e non credenti dall’altra. Il confine tra credere e non credere attraversa invece il cuore di ciascuno di noi. Tutti siamo credenti e non credenti e nessuno di noi può giudicare della fede né dei vivi né dei morti. Il cristiano dovrebbe solo essere testimone di una speranza universale, ovvero è chiamato a sperare per tutti. Nel contesto di queste due date significative della tradizione cristiana, a convocarci qui oggi non è però un motivo religioso, bensì la memoria dei Caduti che ricordiamo in questo “Campo della Gloria”. Qui siamo convocati da una memoria laica e civile. Qui non ricordiamo i martiri di una fede religiosa, né compiamo un atto di culto per tutti i defunti. In questo luogo invece proclamiamo la gloria di chi ha rischiato e perduto la vita combattendo per valori di giustizia e libertà, di uguaglianza e democrazia. Questi valori sono infatti principi sui quali si fonda il patto costituzionale che ha dato vita alla nostra Repubblica, nata dalla Resistenza partigiana e consacrata dal sangue dei Caduti nella guerra di Liberazione nazionale. Siamo qui pertanto per dare espressione civile e laica all’esigenza, che è di ogni società, di rifarsi ai propri fondamenti. Un’esigenza indispensabile per non perdere di vista l’unità nazionale e la coscienza democratica. Indispensabile per rinsaldare il proprio cammino nella storia alla ricerca della pace e del bene comune, in quella “casa di tutti”, che è e deve essere la “polis”, la “città dell’uomo” con le sue istituzioni temporali.
Allora non possiamo e non dobbiamo confondere la “pietas” cristiana con la “pietas” civile. Le due diverse prospettive di “pietas” si devono tenere distinte, senza contrapporle come alternative, secondo la stessa visione cristiana, che distingue l’ambito spirituale da quello temporale. La prima (quella cristiana), se ispirata dall’evangelo, anticipa la luce dell’ultimo e nuovo giorno e, in tale luce, apre i cuori a non fare distinzione tra defunti, ma a sperare e pregare per tutti indistintamente. Non altrettanto farà la “pietas” civile. Per la società civile è doveroso non mettere tutti i morti sullo stesso piano. Non tutti infatti, nella loro vita e con la loro morte, hanno voluto che la “polis” terrena fosse la “casa di tutti”. La casa è di tutti se nessuno se ne appropria, come invece aveva fatto il fascismo e ancora potrebbe fare sotto mutate spoglie. Ma, in una società pluralista, la casa non sarebbe più di tutti neppure qualora, per tentare di risolvere problemi ancora aperti dell’unità nazionale o per guarire ferite non sanate nel nostro paese, si cadesse nella tentazione di sostituire alla “pietas” civile, che deve distinguere tra morti e morti, quella specifica di una fede particolare. Di nessuna fede. Lo dico pensando alla stessa mia fede di cristiano.
Certamente in nome di questa posso essere spinto a considerare i morti tutti uguali davanti a Dio e a metterli, nella mia coscienza interiore e personale, gli uni accanto agli altri. Ma questo non mi sottrae dal senso della cittadinanza che condivido con più e diverse sensibilità nella “comune” città terrena, nella quale e per la quale non metterò mai sullo stesso piano né troverei accettabile l’idea di seppellire o di onorare gli uni accanto agli altri i caduti sugli opposti fronti della guerra di liberazione nazionale. Che gli uni e non gli altri siano sepolti e onorati in questo Campo della Gloria non è conseguenza delle ragioni di forza di cui disponevano i vincitori sui vinti. È invece la civica “pietas” ad esigerlo, perché la città libera e democratica ha tra i suoi padri soltanto coloro che hanno scelto di combattere per liberarla e restituirla alla sovranità popolare. Né qui né in altro luogo della nostra città, medaglia d’oro della Resistenza, il pur apprezzabile desiderio di promuovere la riconciliazione nazionale dovrà portarci a mettere tutti i morti sullo stesso piano, cadendo in una sorta di “relativismo della memoria”. Solo nel dialogo paziente tra le varie componenti sociali e religiose, nel confronto intelligente tra le differenti visioni culturali e ideologiche, nella mediazione democratica tra le contrapposte posizioni politiche è possibile avanzare positivamente sulle vie della riconciliazione nazionale e pervenire ad un consenso politico, valido per l’intera “polis”. Ogni altra via è illusoria scorciatoia. Nell’attuale società pluralista e laica avrà diritto di cittadinanza solo il consenso che potrà essere razionalmente argomentato, democraticamente perseguito, liberamente proposto alle coscienze. La laicità della “polis” e delle sue istituzioni civili e la democraticità dei processi di formazione del consenso sono due condizioni fondamentali e irrinunciabili per favorire un reale superamento di antiche fratture e contrapposizioni non ancora ricomposte. In questo, come in ogni altro processo democratico di promozione del consenso, gli esponenti delle componenti religiose abbiano lucida la consapevolezza di rappresentare solo una parte della società civile e vigile l’attenzione a non prevaricare. Non abbiano la pretesa di possedere in esclusiva l’unica vera cognizione del “bene comune” per l’intera società o del senso etico universale. Sulla scena pubblica le voci religiose siano sì valorizzate (non certo emarginate), ma solo nella misura in cui esse sanno accedervi senza eccessive sovraesposizioni mediatiche e senza indebite ingerenze nella sfera politica. In ogni realtà religiosa ai suoi rappresentanti si presenta forte la tentazione del protagonismo e del potere, di un potere che dichiarandosi spirituale spesso persegue benefici e obiettivi temporali. Senza una vigorosa e consapevole dose di autocritica, le religioni restano in una sorta di ambiguità. Hanno certamente grandi tesori di sapienza, ma sono anche esposte a tentazioni fondamentaliste e integraliste diventando, in questa eventuale deriva,
facile preda a strumentalizzazioni politiche. La politica, l’intera società e, al suo interno, le comunità religiose hanno oggi bisogno di crescere in laicità e democrazia. Per questo scopo diamo il nostro impegno a favore dell’Italia. "


Milano, Campo della Gloria, 1 novembre 2007 - Intervento di Mons. Gianfranco Bottoni

Dunque, nulla di nuovo da chi parla ad esclusiva audizione dell' ANPI, in una Milano che, grazie a tali dichiarazioni, nega ancora la pacificazione a chi combattè per un ideale diverso dalla democrazia. Nonostante i tentativi dei Sindaci Albertini e Moratti negli ultimi anni di unire nel ricordo i morti del Cimitero che vide per anni oltraggiate nei peggiori modi le Tombe dei Combattenti della Repubblica Sociale Italiana.

Perchè dunque non far tornare alla ribalta Frate Mitra, alias Silvano Girotto ? Un Francescano Guerrigliero Sudamericano non lo si nega a nessuno , no ? Potrebbe servire, chissà, con tutti i Fascisti che ci sono in giro... I quali hanno pure riesumato San Pio da Pietrelcina, opperbacco !

Monsignore, Monsignore, io quasi quasi un Santino del Frate venerato a San Giovanni Rotondo glielo mando. Con quello di Don Orione, di Don Calcagno, di Don Edmondo De Amicis, di Don Antonio Padoan e di tanti altri...

E chissà, forse per lei anche Don Camillo è uno sporco Fascista !



lunedì 7 luglio 2008

Maestà, rifarebbe quel discorso alla Spagna ?

Nella vita di ognuno di noi ci sono i momenti delle scelte; a volte rapide, instintive, immediate; per le quali poi ci si pente, e si vorrebbe tornare indietro. Mi piacerebbe chiedere, con quello che sta combinando Zapatero in Spagna, un tempo fiore all' occhiello del Cattolicesimo con i suoi Morti eroici della Guerra Civile, con i molti Preti ammazzati dall' odio anarcocomunista, a Sua Maestà Re Juan Carlos di Borbone, che deve la corona a Francisco Franco, che evitò alla Spagna la tirannide sovietica, se, oggi come oggi, ripeterebbe quella pubblica apparizione in televisione del Febbraio 1981.

L' Esercito Spagnolo malsopportava che i socialcomunisti potessero riportare la Spagna in quel clima sanguinario che costò alla Spagna lutti senza fine. E non poteva dimenticare l' atroce fine che i vili terroristi dell' ETA avevano riservato nel 1973 all' Ammiraglio Luis Carrero Blanco, colui che risparmiò al popolo spagnolo l' entrata in campo nella seconda Guerra Mondiale. Già nel 1978, dopo la legalizzazione del Partito Comunista, l' Esercito pensava a riportare l' ordine nel paese. Nel 1981, in piena offensiva terroristica basca, di fronte all' impotenza dei vari governi dell' UCD, che poi spianeranno la strada ai socialisti, il 23 Febbraio, mentre Leopoldo Calvo-Sotelo Bustelo, bocciato tre giorni prima, cercava la fiducia in Parlamento, il Tenente Colonnello Antonio Tejero Molina, alla testa di duecento militari della Guardia Civil, si precipitò a bloccare i lavori al grido famoso di "¡Todo el mundo al suelo!". Quasi in contemporanea, a Valencia il Comandante della III Regione Militare, il Generale Jaime Milans del Bosch, combattente all' Alcazar e Volontario della Divisione Azzurra durante la II GM, decretò lo stato di eccezione e fece uscire i carri armati. L' Esercito confidava nel Re e nella gratitudine che il Borbone avrebbe dovuto manifestare nei confronti di coloro che protessero la Spagna dal comunismo per decenni. Invece il Sovrano, cresciuto in Italia in odor della "democrazianatadallaresistenza", forse anche mal consigliato, apparve il giorno dopo alla televisione in divisa militare di Generale, schierandosi contro i golpisti.

La rivolta fallì. Oggi abbiamo Zapatero, che ogni giorno avanza nella sua virulenta carica contro la Tradizione Spagnola ed i Simboli Cattolici. Maestà, le ripeto: oggi, se potesse tornare indietro, da che parte si schiererebbe ?

venerdì 4 luglio 2008

Famiglia Cristiana smentita dall' Arcivescovo Graziani.

Ho sempre affermato che certe minoranze rumorose e ben supportate dai media cattocomuniste sono spesso dannose ad un' immagine della Chiesa Cattolica che deve essere ben vicina ai problemi reali della gente. In netto contrasto con tali problemi vanno le recenti dichiarazioni di Famiglia Cristiana, che meglio dovrebbe chiamarsi Famiglia Ecumenica, Famiglia Cattocomunista o Famiglia Conciliare. Giornale da troppo tempo schierato tra i Cattolici di sinistra, sonoramente battuti e strabattuti negli ultimi anni sia nei Sinodi che negli Conclavi e che in questi giorni si è schierato contro le impronte digitali per i piccoli Rom; magari dimentico di quante violenze siano costretti a subire non solo i piccoli zingari dai loro mandanti/protettori/padri/padroni, ma anche coloro che subiscono furti, aggressioni e scippi ogni giorno.

A prendere le distanze da queste sconcertanti affermazioni, è prontamente intervenuto l' Arcivescovo di Crotone-San Severina, Monsignor Domenico Graziani, già noto per aver definito i Dico un provvedimento "penoso" ed essere stato uno dei precursori del Family Day, con una manifestazione del 2007 in cui fece suonare tutte le campane della Diocesi:"La Famiglia è un punto di partenza per compiere un progetto e certo non vogliamo che ci sia un mutamento di ciò. La piazza non può essere lasciata in mano a dei facinorosi ed è per questa motivazione che stasera ci siamo ritrovati per esprimere la nostra opinione. Noi non vogliamo predicatori parlamentari. Servono persone che vogliano orientare la nostra legislazione verso principi Cristiani", queste le sue dichiarazioni di allora.

Monsignor Graziani, Membro autorevole della Commissione CEI per le Migrazioni, ha rilasciato un' intervista all' Associazione Cattolica "Milizia di San Michele Arcangelo"

http://www.miliziadisanmichelearcangelo.org/ ,

poi ripresa dal Giornale: http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=273557

che non le manda certo a dire alla rivista dei Paolini: "In linea teorica, ma solo teorica - spiega l’arcivescovo - Famiglia Cristiana parla bene. Ma che ne sanno loro? Nel loro servizio partono dal classico buonismo cattolico autolesionista che alla fine premia giochi o interessi criminali molto più forti e presenti. Il parlare chiaro mi impone di dire - aggiunge il prelato - che da tempo la sinistra cavalca la tigre dell’immigrazione clandestina come strumento di lotta politica e non è giusto speculare su drammi tanto forti e penosi". Dichiarandosi favorevole al provvedimento, anzi, auspicandolo al proprio Prefetto, l' Arcivescovo si è reso portavoce della gente comune, dei tantissimi Abele calpestati dai vari Caino di turno, che godono della protezione di chi vive fuori dalla realtà quotidiana.